Per millenni, i pensatori si sono confrontati con la natura del tempo, un concetto che comprendiamo intuitivamente ma che facciamo fatica ad articolare. Dai filosofi antichi ai fisici moderni, la sfida persiste: come può qualcosa di così fondamentale rimanere così sfuggente? Il problema principale non è una mancanza di comprensione, ma un sottile errore concettuale: confondere gli eventi con cose che esistono.
Le antiche radici della confusione
La prima lotta con il tempo documentata risale a Sant’Agostino di Ippona, che, nel V secolo, confessò: “Che cos’è allora il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi mi pone la domanda, non lo so”. Questo paradosso evidenzia la difficoltà fondamentale: viviamo il tempo, ma definirlo risulta impossibile.
Ancor prima Eraclito aveva osservato che tutto scorre, proprio come un fiume: non si può mai entrare due volte nella stessa acqua. Questa non è semplicemente un’osservazione poetica; sottolinea un punto critico. Il fiume esiste, ma l’acqua al suo interno è in costante movimento, in continuo cambiamento. Allo stesso modo, rimaniamo la stessa persona, ma ogni momento è unico.
Il difetto logico: trattare gli eventi come oggetti
Il problema, come molti pensatori non hanno notato, non riguarda il tempo in sé, ma il modo in cui ne parliamo. Filosofi e fisici spesso confondono l’esistenza con l’accadere, trattando gli eventi come se fossero oggetti in sé. Una volta fatta questa distinzione, il paradosso si dissolve.
Parmenide di Elea, un filosofo presocratico, esemplifica questo difetto. Sosteneva che poiché il passato è stato sperimentato e il futuro anticipato, entrambi devono esistere come parte di un tutto continuo, rendendo il tempo un’illusione. Questo ragionamento, tuttavia, è circolare: presuppone la conclusione che cerca di dimostrare. Dire che il passato esiste perché lo ricordiamo significa trattare un ricordo – un evento – come un’entità tangibile.
Spazio-Tempo e persistenza dell’errore
Anche la fisica moderna cade in questa trappola. La teoria della relatività di Einstein descrive lo spazio-tempo come un modello quadridimensionale di tutti gli eventi, in cui ogni punto rappresenta un evento specifico. Ma gli eventi accadono ; non esistono. Trattare lo spazio-tempo come un’entità esistente – piuttosto che una rappresentazione matematica del cambiamento – perpetua la confusione.
L’universo è tridimensionale, pieno di cose che esistono : stelle, pianeti, galassie. Gli eventi si verificano all’interno di questo quadro, tracciando le linee d’universo nello spazio-tempo. Il modello è utile, ma non è la realtà stessa.
La Risoluzione: Evento vs. Esistenza
La soluzione sta nel riconoscere la differenza fondamentale tra ciò che è e ciò che accade. Tu e il fiume esistete ; entrare in acqua è un evento che accade nel corso di quell’esistenza. Questa distinzione chiarisce secoli di dibattito.
La fantascienza spesso rafforza l’errore. H.G. Wells, in The Time Machine, passa senza soluzione di continuità dalla descrizione degli oggetti al trattamento delle linee d’universo come se fossero entità fisiche, offuscando il confine tra la mappa e il territorio.
Conclusione
La lotta per definire il tempo non è un fallimento dell’intelletto, ma una trappola linguistica e concettuale. Separando l’avvenimento dall’esistenza, possiamo finalmente comprendere ciò che ha afflitto i pensatori per millenni. Il tempo non è misterioso; è semplicemente frainteso. La chiave è ricordare che le cose esistono, mentre gli eventi accadono all’interno di quell’esistenza.





































































